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Prostatite
February 22nd, 2008Per Prostatite si intende qualsiasi forma di infiammazione della ghiandola prostatica. Poiché le donne sono sprovviste di tale ghiandola si tratta di una sindrome che colpisce esclusivamente il sesso maschile, nonostante ciò le donne possiedono delle microscopiche ghiandole periuretrali, definite ghiandole di Skene, site nell'area prevaginale in prossimità dell'uretra, che sono considerate l'omologo della prostata e possono causare una forte sintomatologia.
La prostatite ha un'incidenza che va dal 7% al 12% a seconda del territorio e delle statistiche
Il termine Prostatite, in senso stretto, si riferisce all'infiammazione istologica (microscopica) del tessuto ghiandolare prostatico, ciononostante il termine è stato usato in maniera vaga per descrivere una serie di condizioni cliniche relativamente differenti fra loro. Per tentare di porre rimedio a questa situazione la NIH (National Institute of Health), nel 1999 ha emanato un nuovo sistema di classificazione.
Diagnosi
Non esistono test diagnostici definitivi per la CPPS. Essa infatti è una sindrome poco conosciuta nonostante rappresenti il 90%-95% delle diagnosi di prostatite. È stata diagnosticata in soggetti di qualsiasi età, con un picco massimo intorno ai 30. La CPPS può essere di tipo infiammatorio (categoria IIIa) o non infiammatorio (categoria IIIb). Nel primo tipo, le urine, lo sperma o il liquido seminale contiene pus (leucociti morti), mentre nel secondo tipo non sono presenti residui di pus o leucociti.. Recenti studi hanno messo in discussione la distinzione tra le due categorie, da quando entrambe hanno dimostrato un'evidenza d'infiammazione considerando markers infiammatori più complessi, come le cytokine. Nel 2006, un ricercatore cinese ha dimostrato che gli individui delle categorie IIIa e IIIb presentano un medesimo elevato livello di cytokine anti-infiammatorie TGFβ1 e di cytokine pro-infiammatorie IFN-γ nelle loro secrezioni prostatiche rispetto al gruppo di controllo; per tale motivo la misurazione del livello delle cytokine potrebbe essere usato per diagnosticare la categoria III delle prostatiti. In uno studio in doppio cieco è stata mostrata la presenza di un numero leggermente superiore di batteri nei secreti dei soggetti sani rispetto a quelli affeti da CPPS. Il tradizionale test dei quattro bicchieri messo a punto da Stamey non è valido per la diagnosi di questa patologia e la sede dell'infiammazione non può essere localizzata in nessuna particolare area del tratto genitourinario. Gli individui affetti da CPPS hanno una maggiore probabilità di soffrire della Sindrome della fatica cronica rispetto alla normale popolazione, e di Sindrome del colon irritabile. I livelli di PSA possono essere elevati sebbene non sia presente una neoplasia
Terapia
Trattamento fisico e psicologico
Per la prostatite abatterica (Categoria III), detta anche CPPS o mioneuropatia pelvica, che rappresenta la maggioranza dei soggetti con diagnosi da "prostatite" un trattamento chiamato Protocollo Stanford, sviluppato nel 1996 dal Professore di Urologia Rodney Anderson e dallo psicologo David Wise della Stanford University, è stato pubblicato nel 2005. Il protocollo consiste nella combinazione di una "terapia psicologica" (la paradoxical relaxation, che è un adattamento specifico alla CPPS di una tecnica di rilassamento progressivo sviluppato da Edmund Jacobson durante il XX secolo), fisioterapia (basata sull'individuazione di trigger point all'interno del pavimento pelvico e sulla parete addominale) ed esercizi di stretching che aiutano ad ottenere un maggiore rilassamento del pavimento pelvico. Nonostante questi studi appaiano estremamente incoraggianti, sono attese prove definitive sull'efficacia del protocollo a seguito di un importante studio randomizzato in doppio cieco che presenta non poche difficoltà quando si tratta di verificare l'efficacia di terapie fisioterapiche rispetto a quelle farmacologiche. Secondo questo approccio la CPPS potrebbe avere come sua unica causa iniziale l'ansia, vissuta in maniera compulsiva. È stato teorizzato che lo stress abbia la capacità, in alcuni soggetti predisposti, di sensibilizzare la zona pelvica conducendo ad un circolo vizioso di tensione muscolare che aumenta con un meccanismo di feedback neurologico (neural wind-up). L'attuale protocollo si focalizza sul rilassamento dei muscoli pelvici ed anali (che solitamente presentano dei trigger points) attraverso sedute fisioterapiche interne (per via anale) e massaggi esterni, oltre a tecniche di rilassamento progressivo che hanno l'obiettivo di interrompere l'abitudine di focalizzare l'ansia e lo stress sulla muscolatura pelvica. Le tecniche di biofeedback che re-insegnano come controllare la muscolatura pelvica possono essere utili in caso di CPPS. L'esercizio aerobico può aiutare coloro i quali non soffrono della Sindrome della Fatica Cronica e/o non acusano un peggioramento dei sintomi con l'esercizio fisico.
Intolleranze alimentari
Evidenze aneddotiche suggeriscono che le allergie e le intolleranze alimentari possono avere un ruolo importante nell'esacerbare la CPPS, forse attraverso un meccanismo mediato dai mastociti. In maniera particolare pazienti con intolleranze al glutine o celiachia riportano un notevole peggioramento dei sintomi dopo l'ingestione di glutine. I pazienti possono trovare utile adottare una dieta ad esclusione, che diminuendo i sintomi porti ad una identificazione di problemi alimentari. Mancano studi che approfondiscano meglio il rapporto fra CPPS ed alimentazione.
Terapia farmacologica
C'è una lunga lista di farmaci adottati per trattare questa sindrome. Alfa bloccanti (tamsulosina,alfuzosina) sembrano avere un leggero effetto migliorativo sulla sintomatologia ostruttiva in soggetti affetti da CPPS; la durata della terapia, per avere un certo grado di efficacia deve essere almeno di tre mesi. La Quercitina ha mostrato la sua efficacia in uno studio randomizzato, in doppio cieco e con il controllo del palcebo, con l'assunzione di 500mg due volte al giorno per 4 settimane. Successivi studi hanno mostrato che la quercitina è un inibitore dei mastociti, riduce l'infiammazione e lo stress ossidativo nella prostata. Anche l'estratto di polline (Cernilton) ha dimostrato la sua efficacia in uno studio controllato. Terapie comunemente usate che non sono state valutate in maniera appropriata in studi clinici sono le modificazioni della dieta, gabapentin e amitriptilina. Altre terapie sono risultate inefficaci in studi controllati: levaquin (antibiotico), alfa bloccanti per un periodo inferiore alle 6 settimane e l'ablazione della prostata per via transuretrale (TUNA). Almeno uno studio suggerisce che l'approccio multimodale (rivolto a differenti obiettivi come l'infiammazione e la disfunzione muscolare simultaneamente) è migliore di una singola terapia in un'analisi di lungo periodo.